Titolo: Turok 2008
Piattaforma: PC
Genere: FPS
Software house: Disney Interactive
Sviluppatore: Aspyr
Distributore: Halifax
N.giocatori: 1
Pegi: 18+
A cura di: Gabriele Cazzulini
Un pianeta infestato da dinosauri, un indiano, una moderna tecnologia di guerra. Non è l'allucinazione scatenata dai baccanali della festa del santo patrono. E' una curiosa molecola video ludica sintetizzata nel laboratorio del dottor Frankenstein per clonare differenti elementi di gioco. Quando la noia sembra l'unica meta a cui conduce una folle corsa alla James Dean, è piacevole scoprire una stradina laterale che conduce al divertimento di una volta, artigianale, senza additivi troppo sofisticati - il sano piacere di sfogliare un buon racconto, in una notte di mezza estate. Rombo di tuoni? Sì, cari intellettuali con la puzza dell'inchiostro e dei libri sotto al naso, anche un videogioco può raccontare una storia.
Turok 2008 - Screenshot 0
A spasso nella giungla
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E' ancora cucciolo!
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Sorpresa!
FRANKENSTEIN NON ABITA QUI
“I'll live” (J. Turok, 2008)
La sceneggiatura di Turok impasta un set di ingredienti eterogenei. Per capire l'ambientazione occorre mandare avanti il calendario in un futuro remoto. Una spedizione militare, Whiskey Company, è imbarcata su un'astronave spaziale con la missione di neutralizzare e recuperare una squadra d'èlite, il Wolf Pack, capitanata dal generale Roland Kane, che ha creato una tossina dagli effetti letali da usare come arma per lo sterminio di massa (armi di distruzione di massa: G.W.Bush; armi di distrazione di massa: G. Cazzulini).
A chi tocca fare il salvatore della patria? Non è un videogioco per cowboy e pistoleri. Adesso l'eroe è Turok, un nerboruto indiano, che riscuote simpatia zero tra i suoi commilitoni per la pessima fama di traditore proprio dell'organizzazione di Kane. Un “ex” che ha tradito il cattivo per unirsi ai buoni. Per aggiungere sale e pepe, basta pensare a venerdì 17 e la sfiga bacia l'astronave di Turok, che precipita sul pianeta dove si è rifugiato Kane.
Il Touring Club interestellare fornisce una curiosa nota folcloristica: il pianeta è popolato da dinosauri, scherzetto dell'evoluzione pilotata dalle mani sbagliate. Il nemico sdoppia il suo volto: gli arsenali tecnologici dei ribelli e la massa muscolare dei dinosauri. Una trama da Cuore di Tenebra - traduzione nazionalpopolare: il romanzo ispiratore di Apocalypse Now. La fantascienza non è soltanto raffiche di proiettili. E' anche lo tenacia di immaginare una storia più spessa delle cinque righe stampata su ogni manuale di gioco e mai lette. Questa sinfonia di citazioni fa rullare i tamburi in attesa che la chilometrica installazione (due dvd) abbia infarcito l'hard disk. Ecco fatto. Parte un lungo filmato, puntellato di flashback, e subito l'atterraggio di fortuna dopo scene di distruzione. Adesso inizia il gioco. Ciak si gira!
PIACERE, MR. HYDE
“No innocent” (J. Turok 2008)
Una rinfrescante limonata che scorre giù dalla gola secca e risveglia il piacere della vita. Goccia più, goccia meno, è questa la gradevole, primitiva sensazione nelle prime fasi di gioco. Turok non è E=mc^2. E' il trapianto sullo scheletro dello sparatutto degli arti per esplorare e combattere a mani nude, con armi bianche e armi da fuoco. Niente scenari claustrofobici, niente porte, niente scale. Spazio, enormi spazi aperti, il senso dell'orizzonte spaziale che vive. Verde ovunque. Le pupille sono inondate delle tonalità della vegetazione che Tutta natura, non proprio sana. I paesaggi naturali diventano la scacchiera su cui spostarsi secondo una strategia attenta sia alla variabile dinosauro che alla variabile nemico umano. Il passo diventa più lento. L'occhio sorveglia l'ambiente. La tensione sale per un rumore in quei cespugli - qualcosa si muove. E' un velociraptor.
Turok 2008 - Screenshot 3
Pronto!
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Night and day
Turok 2008 - Screenshot 5
Uno di troppo
Punta contro e afferra con gli artigli la sua preda - chi? Uomo o animale non conta. La soluzione più banale è sparare, ma abbattere un dinosauro vuol dire consumare proiettili. L'istinto di sopravvivenza insegna ad usare con maestria la lama del coltello, con un apposito tasto che aziona una visuale in terza persona. Da vittima a carnefice il passo è breve. Una sentinella di Kane va eliminata in un battito d'ali di farfalla e col coltello che luccica riflettendo la sua gola. Pochi, intensi secondi in cui la selezione naturale premia il più adatto. E' “Silent Kill”, la mossa a sorpresa per eliminare in silenzio. Ossia: time over per il nemico che non ha neppure il tempo di esprimere l'ultimo desiderio. Turok uguale sparatutto, ma non troppo.
TUROK, PROVINCIA DI BENGODI
“I couldn't leave without saying goodbye” (J. Turok, 2008)
Per esaminare il reparto visivo di Turok occorre indossare il grembiule del macellaio e staccare con un coltello ben affilato un grosso stallo di carne da mettere sul piatto della bilancia. Ecco: la qualità grafica si misura al chilo. Tanto materiale; grossi scenari. In questo tripudio d'abbondanza, il tributo da versare non fa sconti: il dettaglio finisce schiacciato, trascurato - quasi invisibile. Errore. Errore ed orrore per gli occhi che, sotto l'incantesimo di panorami lussureggianti, scoprono sotto ai piedi rocce squadrate come blocchi di marmo e arbusti scheletrizzati. Non sono bacchettate da maestrina isterica. Turok spreme in maniera esemplare l'Unreal Engine guadagnandosi la lode nel trattamento delle superfici vive, come la pelle dei dinosauri, e nella gestione di un orizzonte profondo e sufficientemente dinamico, lontano anni luce dai fondali-tappezzeria.
Abituare il palato visivo a tali piaceri e poi servire una cura grossolana dei particolari lascia l'amaro in bocca. La delusione si dimentica velocemente ammirando i modelli dei corpi, che si imprimono nella retina per il loro senso fisico, quasi tangibile e la perfetta sincronia dei movimenti. Ecco l'incrocio virtuoso: una trama intessuta con l'ago della fantasia evita i soliti sbocchi banali e utilizza una grafica che personalizza la storia in senso visivo. Tempo di musica. La versione italiana delle voci sa accarezzare i timpani con la sua bravura cinematografica - anche se i testi non saranno mai scolpiti nella memoria storica. L'audio è decisamente intonato all'ambientazione per creare un senso di realismo che abbraccia subito il giocatore - anche dopo un paio d'ore di gioco questo ripetuto realismo inizia ad annoiare, calando verticalmente il suo erotismo acustico. L'audio suona a singhiozzo, alternando picchi di qualità a fasi più mosce. Però taglia il traguardo e sale sul podio.
IL GIUDIZIO UNIVERSALE: UN POSTO AL SOLE MA NON TROPPO
“A soldier follows orders, but a warrior, follows his heart!” (J. Turok, 2008)
Tutti in riga. Narrativa, personaggi, azione, qualità tecnica. E' il cerchio perfetto? C'è una luce che cammina seguita dalla sua ombra. La luce è la capacità di appassionare che Turok esercita con abilità integrando due elementi - guerra e dinosauri - che da soli sono come chewing-gum appiccicati sotto al sedile del tram. Ma insieme si rivitalizzano tonificando il gioco. Merito anche di una narrazione che non chiude tutti e due gli occhi per farsi una dormita e srotolare la cara, vecchia storia, quella che cambia i nomi ma è sempre la stessa in quasi tutti i videogiochi pensati per un pubblico dormiente.
Con un repertorio grafico e un accompagnamento audio spessi e coinvolgenti, Turok marcia verso il successo - ma c'è uno stop. Questi brillanti tasselli non s'incastrano perfettamente nel disegno generale. Non c'è una colpa precisa, un elemento mancante. C'è una struttura di gioco che ha afferrato qualche intelligente novità ma resta inchiodata sul modello più tradizionale. La sperimentazione è localizzata soltanto in alcuni punti. C'è da mordersi la mani a pensare che questi piccoli ingegni hanno avuto successo, ravvivando un genere di gioco a rischio depressione. La rivolta contro il conformismo stava vincendo - eppure la rivoluzione non è scoppiata. Come diceva il Don Abbondio di Manzoni, uno il coraggio non può mica darselo da solo. Aspettiamo un altro Turok, possibilmente senza dover aspettare Godot.